C’è nero… e nero

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C’è nero… e nero

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La tecnologia delle armi da fuoco non si è evoluta, negli ultimi decenni, solo per quanto riguarda l’ingresso del polimero della produzione delle componenti, a partire dai fusti delle pistole semiautomatiche: ha fatto passi letteralmente da gigante anche nella tecnologia dei trattamenti superficiali degli acciai e delle leghe leggere, consentendo di avere non solo una protezione superiore dagli agenti atmosferici e una finitura nera accattivante, ma anche di incrementare le proprietà meccaniche dei materiali sui quali il trattamento è applicato. Tra nitrurazioni, Dlc, Pvd, Cerakote e via discorrendo, per chi non si intenda di chimica molecolare può essere difficile districarsi tra i differenti termini e capire cosa significhi, in concreto, un trattamento rispetto a un altro. Ecco quindi un brevissimo excursus per spiegare, con termini non troppo complicati, come stanno le cose.

Brunitura e fosfatazione
La brunitura è il sistema in assoluto più antico con il quale si proteggono le superfici delle componenti in acciaio al carbonio delle armi da fuoco: applicata con sistematicità dalla seconda metà del XIX secolo, è ancor oggi molto diffusa sia perché è esteticamente appagante, sia perché è uno dei sistemi di protezione delle superfici più economico da realizzare. In sostanza, tramite un bagno con sali acidi, sulla superficie dell’acciaio si determina una ossidazione superficiale, denominata passivazione, che limita il contatto ulteriore tra il ferro e l’atmosfera, rendendo così più difficile l’ulteriore formazione di ossidi. La brunitura è tuttavia una protezione piuttosto delicata, in particolare in condizioni di umidità ambientale, per evitare il fiorire della ruggine è spesso necessario ricoprire la superficie del metallo anche con prodotti lubrificanti come olii o grassi protettivi. Inoltre, la brunitura ha una scarsa resistenza allo sfregamento e ai graffi.

Altro sistema “antico”, ma ancor oggi diffuso, per la protezione del metallo è la fosfatazione, o parkerizzazione: è un procedimento tramite il quale il metallo viene ricoperto con uno strato cristallino di fosfati di zinco, ferro, manganese, nichel, che conferisce una buona resistenza alla corrosione. Inoltre, questo trattamento aumenta la micro-rugosità superficiale, agevolando l’adesione degli olii lubrificanti. La fosfatazione ha anche una resistenza allo sfregamento superiore rispetto alla brunitura, il lato negativo è rappresentato dal fatto che risulta di norma grigiastra o verdastra opaca ed è, quindi, poco appagante esteticamente.

Tenifer, Melonite e nitrurazioni in genere
Uno dei trattamenti oggi maggiormente diffusi in particolare sui carrelli delle moderne pistole semiautomatiche è la nitrurazione: le metodologie sono variegate e possono avere svariate denominazioni commerciali, le più diffuse delle quali sono Tenifer (utilizzata da Glock) e Melonite, o altri. Consiste, in sostanza, in un processo di indurimento superficiale del metallo, ottenuto mediante infiltrazione di azoto e carbonio in bagno di sali, a temperature comprese tra 525 e 625 °C. Le superfici trattate con la nitrurazione evidenziano una finitura nera opaca uniforme ma, al di là dell’aspetto estetico, il trattamento di nitrurazione consente di incrementare in modo sostanziale le proprietà superficiali del metallo, che risulta dotato di una durezza superficiale molto più elevata. Questo conferisce elevate proprietà di scorrimento (anti-frizione) ma anche la capacità di resistere a reiterati cicli di funzionamento, senza consumarsi e senza evidenziare fatica del materiale. Il trattamento Tenifer viene, per questi motivi, utilizzato principalmente nell’industria automobilistica, per quelle componenti che devono superare anche oltre 900 mila cicli di funzionamento. Oltre alle proprietà prettamente meccaniche, la nitrurazione conferisce una elevata resistenza alla corrosione.

Un altro trattamento che si sta diffondendo in ambito armiero, alternativo alla nitrurazione, è il Dlc (Diamond-like carbon), un rivestimento in carbonio amorfo, che presenta sia le caratteristiche del diamante, in termini di durezza, sia della grafite, in termini di scorrevolezza. Questo trattamento fornisce anch’esso una eccellente protezione rispetto alla corrosione ed è resistentissimo all’usura, inoltre ha normalmente un aspetto nerissimo ma anche lucido, molto piacevole esteticamente.

Arriva il colore
Un altro sistema che consente di avere una superiore durezza superficiale, con elevata scorrevolezza delle parti e massima resistenza alla corrosione è il sistema Pvd (Physical vapour deposition), nel quale il rivestimento protettivo viene depositato sulla superficie in acciaio sotto forma di vapore, in speciali camere riscaldate e sotto vuoto. Il vantaggio del Pvd è quello di consentire una grande uniformità di deposizione della copertura anche con strati sottilissimi (inferiori al micron, su componenti non soggette a particolari sforzi), in più il procedimento consente di avere rivestimenti non soltanto neri, ma anche di differenti colorazioni, come l’oro, l’argento, il bronzo, a seconda del materiale che viene utilizzato per la deposizione, che può essere nitruro di titanio, nitruro di alluminio e titanio, carbonitruro di titanio e così via.

La massima elasticità e fantasia in termini di tonalità di colore e disegni che possono essere applicati sulla superficie dell’arma è tuttavia determinata dai moderni trattamenti alle nanoceramiche, il più diffuso dei quali è il Cerakote: si tratta di un procedimento di rivestimento in parte ceramico e in parte polimerico, che conferisce proprietà auto-lubrificanti alla superficie, inoltre protegge dalla corrosione ed è resistente sia all’usura nei ripetuti cicli di funzionamento, sia alle abrasioni e ai graffi. Può essere applicato non solo sulle superfici metalliche, ma anche sul polimero e persino sul legno e consente di effettuare anche creazioni artistiche, come i moderni colori acrilici a spruzzo, realizzando fantasie cromatiche.

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Fonte: armietiro
C’è nero… e nero