Caccia per i trofei: è guerra di numeri

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Caccia per i trofei: è guerra di numeri

L’associazione animalista Humane society international ha lanciato una campagna contro l’importazione in Europa di trofei di caccia provenienti dall’Africa, fornendo a supporto dell’iniziativa i dati di una indagine dalla quale risulterebbe che ben l’85 per cento dei cittadini è favorevole a proibire questa pratica. La campagna, manco a dirlo, da noi ha ricevuto il supporto del noto geologo Mario Tozzi.

Anche la Face (la Federazione europea delle associazioni venatorie) ha tuttavia condotto una propria indagine, i cui risultati abbondantemente ribaltato questa pseudoinchiesta. I dati elaborati da YouGov, campionando 7.000 europei nei vari Paesi, denunciano che ben il 77% approva o è neutrale (52,7% contro 24,3), mentre solo il 23% è contrario ai trofei di caccia. Questo ribalta totalmente tutto quello che è stato erroneamente riportato e che ha indotto molti politici, appunto male informati, a prendere in considerazione richieste di fermo per tale attività. È opportuno ricordare, a tal proposito, che i safari venatori portano decine di milioni di euro o dollari in terre africane, alleviando la povertà imperante che sicuramente sfugge ai benpensanti con la pancia piena, lontani migliaia di km. Gli stessi benpensanti che pretendono di decidere la vita di chi vive tutto l’anno con i problemi della fauna, specialmente quella pericolosa. Oltretutto, come abbiamo spesso detto, la caccia porta introiti in terre molto lontane dai flussi turistici fotografici standard, che fanno sempre i soliti giri intorno ai resort di lusso, spesso posti al centro dei parchi. E che sostengono l’economia solo in queste ristrette aree. Al contrario, la caccia regolare vaga in zone mai raggiunte dal turismo ed è l’unica maniera per gli abitanti di uscire da alimentazioni povere. È inoltre opportuno ribadire che i safari, in Africa, si rivolgono solo e unicamente ad animali NON IN ESTINZIONE al contrario di quanto furbescamente affermato dai rappresentanti animalisti. PROTETTI NON SIGNIFICA IN ESTINZIONE, o in pericolo come specie.

Sulla rivista Scientific Report è stata, invece, riportata una ricerca che ha evidenziato quanto i trofei di caccia siano antichi nella memoria ancestrale dell’uomo, grazie ad alcuni ritrovamenti fatti in Germania centrale, risalenti al periodo dei cacciatori Neanderthal. Accanto a una lancia in legno che aveva ucciso un vecchio maschio di leone delle caverne, vissuto circa 48.000 anni fa, è stata trovata la pelle conciata, con artigli attaccati utilizzata come fattore estetico piuttosto che per uso pratico. I ricercatori hanno stabilito che il reperto è un chiaro segnale che i Neanderthal attribuivano alla pelle un valore come trofeo, come ha sottolineato Thomas Terberger, archeologo che ha guidato il lavoro. Il ritrovamento accresce l’evidenza che i Neanderthal esibivano un complesso comportamento, e potrebbero aver avuto una sensibilità estetica che è poi diventata familiare anche agli uomini moderni. Facile pensare anche che la conquista con la caccia, da parte dei nostri antenati di un’animale forte, grande, pericoloso fosse una manifestazione di forza e di prestigio per chi lo aveva ucciso. Quindi la presenza o l’esibizione dei trofei è pratica entrata, come hanno ribadito i ricercatori, nel Dna dell’uomo. Continuando poi nei secoli e nelle migliaia di anni a rappresentare un significato di abilità e di prestigio per il suo possessore.

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Fonte: armietiro
Caccia per i trofei: è guerra di numeri