Beretta Bm62: l’altra metà del cielo

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Beretta Bm62: l’altra metà del cielo

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La disponibilità, ormai da qualche anno, sul mercato civile di esemplari demilitarizzati del mitico Fal Bm59 Beretta, provenienti dalle scorte dei carabinieri e commercializzati grazie all’impegno della Nuova Jager di Basaluzzo (Al), ha consentito agli appassionati di entrare in possesso di un vero “frutto proibito”, un ricordo tangibile del periodo di naja e un caposaldo della progettazione militare armiera del XX secolo.

Ricordiamo che il Fal Bm59 Beretta è nato appunto alla fine degli anni Cinquanta per risolvere un’esigenza molto concreta, cioè quella di disporre di un battle rifle capace di tiro automatico ed elevata capacità di fuoco, consentendo tuttavia ai bilanci risicati del nostro ministero della Difesa, di spendere il meno possibile. Beretta, con il contributo fondamentale dell’ingegner Domenico Salza, realizzò il miracolo, sotto forma di un’arma moderna, funzionale, affidabile e versatile che allo stesso tempo potesse, tuttavia, essere ottenuta dall’arma semiautomatica della generazione precedente, cioè il Garand, tramite una serie di modifiche e lavorazioni. La disponibilità di Garand in seno all’esercito italiano (ma anche in generale in tutti i Paesi che facevano riferimento alla Nato o comunque a una alleanza militare con gli Stati Uniti) era eccellente, sia grazie agli esemplari giunti direttamente da Oltreoceano, sia grazie alla produzione intrapresa a partire dalla prima metà degli anni Cinquanta, proprio dalla Beretta e anche dalla Breda. L’arma fu adottata dall’esercito italiano (Armi e Tiro, febbraio 2009) in tre varianti fondamentali, cioè standard per fanteria con calcio fisso in legno, per truppe alpine con calcio a stampella ripiegabile e per truppe paracadutiste, con calcio ripiegabile e tromboncino tricompensatore amovibile mediante un innesto a baionetta. Il Bm 59 Beretta conobbe anche un certo successo di esportazione, per esempio in Nigeria ma anche in Argentina, Indonesia, Eritrea e Marocco, con le nostre forze armate è rimasto in servizio operativo fino alla fine degli anni Novanta del XX secolo per essere, poi, progressivamente sostituito dalle armi in calibro 5,56×45 mm, sempre di produzione Beretta (Ar70/90). È una vera e propria icona della guerra fredda, per una generazione di italiani (anzi, praticamente due generazioni) rappresenta un ricordo indelebile del servizio militare e, di conseguenza, della propria gioventù.

Per molti anni…
La disponibilità di esemplari provenienti dai depositi dei carabinieri consente oggi di affrontare con grande semplicità, e senza eccessivo esborso finanziario, il collezionismo di questo pezzo di storia. Occorre tuttavia ricordare che per molti decenni, gli appassionati d’armi italiani e non solo, hanno potuto soltanto sognare il Bm59 in versione ex ordinanza. L’unico modo per saziare la fame è stato rappresentato, dalla metà degli anni Sessanta fino a un lustro fa, dalla controparte civile del Bm59, cioè il Bm62, prodotto dalla Beretta proprio per consentire al pubblico civile di avere in mano qualcosa che fosse il più simile possibile all’arma da guerra, ovviamente apportando tutta una serie di modifiche al fine di caratterizzare fortemente la natura “civile” e potremmo dire “inoffensiva” (perdonate il termine paradossale, parlandosi comunque di un’arma da fuoco…) di questo modello, al fine di non incorrere nei rigori delle paranoie ministeriali, già all’epoca decisamente attive, ancor prima dell’entrata in vigore della legge 110/75.

Per lungo tempo, il Bm62 è stato il vero frutto della passione, l’unica arma che potesse avvicinarsi al vero Bm59 ma nello stesso tempo che potesse essere regolarmente acquistata in armeria. Oggi, con la disponibilità degli esemplari “veri” militari, la sua popolarità è un po’ scemata e taluni sono portati, forse un po’ superficialmente, a snobbarlo oggi che è possibile portare a casa ben altro. In realtà, si tratta a nostro avviso di un errore di sottovalutazione, atteso il fatto che la controparte civile del Bm59 ha una sua propria, precisa individualità e costituisce un pezzo da collezione estremamente interessante: innanzi tutto considerando il ridotto quantitativo di esemplari prodotti, in secondo luogo ammirando le sue finiture impeccabili, degne di un’arma di lusso. È allora, forse, giunto il momento di ridare giustizia a questo controverso modello, e di descriverne in modo per quanto possibile preciso (alcune informazioni sono a tutt’oggi controverse) la storia e l’evoluzione.

Un mercato da non trascurare
Considerando i moschetti semiautomatici 18/30 e le carabine Beretta-Vetterli modello 1934, la Beretta di Gardone aveva già cominciato a esplorare il mercato delle armi lunghe già nel corso degli anni Trenta e già in quell’epoca ci si era resi conto che, accanto alle sempre ghiotte commesse militari, poteva dare risultati interessanti la commercializzazione di tali carabine anche sul mercato civile, analogamente peraltro a quanto già avveniva con le pistole concepite per l’impiego marziale. Con il secondo dopoguerra, Beretta entrò in modo più massiccio nel mercato delle armi lunghe per impiego militare, specificamente con il Garand M1, prodotto su licenza statunitense non soltanto per le necessità delle forze armate italiane, ma anche con un discreto successo di esportazione (in primis verso Danimarca ma soprattutto verso l’Indonesia, Paese al quale andarono circa 50 mila esemplari). In quegli anni, alcune armerie statunitensi (specialmente la Santa Fe, divisione della Golden state arms corporation) acquistarono un certo numero di culatte e di altre componenti da Beretta, grazie alle quali fu possibile, per la prima volta, realizzare una produzione commerciale vera e propria di Garand M1 e, utilizzando gli stessi grezzi, anche di “pseudo-Bm59”. Non è dato sapere se questo tipo di operazione e il relativo buon riscontro di vendita abbia o meno influenzato le decisioni commerciali successive di Beretta, sta di fatto che se è vero che non esiste una variante civile “ufficiale” del Garand M1 realizzata da Beretta, è altrettanto vero che pochi anni dopo l’adozione da parte dell’esercito italiano del Fal, debuttò sul mercato civile la sua controparte “pacifica”.

Privo di ogni cattiveria
Il Bm62 di Beretta è un’arma che vuole evidentemente evitare qualsiasi problema burocratico-ministeriale e, di conseguenza, presenta numerose differenze rispetto all’arma militare. Ciò nonostante, mantiene una inevitabile parentela e forse è proprio questo il suo fascino: da un lato è “diversa”, quindi unica, originale, ma dall’altro è innegabilmente “sorella” dell’arma automatica.

La differenza che spicca maggiormente è anche, forse, la meno significativa dal punto di vista meccanico ed è rappresentata dalla finitura delle superfici in acciaio: fosfatata sul Bm59, brunita lucida sul Bm62. Con, tra l’altro, una caratteristica affascinante che è tipica anche delle pistole Beretta degli stessi anni, cioè un viraggio della brunitura al melanzana scuro per quanto riguarda il castello e l’otturatore. È probabilmente la caratteristica che rende maggiormente il Bm62 una carabina di “lusso”, insieme alla calciatura in noce che in molti casi presenta ottime venature e una lucidatura a poliestere.

L’arma ha il medesimo sistema di funzionamento del Fal, quindi del Garand, con otturatore rotante a due alette frontali e sfruttamento dei gas mediante pistone a corsa lunga. Il receiver può essere tuttavia considerato una sorta di ibrido tra il Garand e il Bm59, da quest’ultimo ha preso indubbiamente la maggior parte delle lavorazioni necessarie all’inserimento del caricatore amovibile, presenta inoltre anche alcune (ma solo alcune) delle lavorazioni per la predisposizione della raffica, come per esempio la tacca sul lato sinistro del rebbio anteriore della parte inferiore del receiver, nella quale dovrebbe puntarsi la molla del selettore. Manca, per contro, l’indicazione sul castello delle due posizioni del selettore medesimo (niente lettere “A” ed “S”, quindi), manca il perno sul lato destro del rebbio posteriore per il fissaggio della leva di comando della raffica (al suo posto c’è un foro). Il dente di scatto imperniato sul grilletto, per contro, presenta il tipico “baffo” laterale che la leva di consenso della raffica dovrebbe urtare quando l’otturatore va in chiusura, consentendo così la partenza in automatico del colpo seguente. Il blocchetto anteriore di ritegno del caricatore presenta il foro trasversale per il passaggio dell’asse del selettore, ma questo foro è occluso da un tappo cieco (che serve anche per fissare sul receiver il blocchetto medesimo). Insomma, le “mancanze” sono tali e tante da rendere impossibile l’applicazione della raffica su quest’arma.

Tra le altre operazioni di “civilizzazione” c’è l’abolizione del grilletto ausiliario invernale, costituito da una leva ripiegabile sul lato destro del ponticello che consentirebbe di far fuoco anche indossando guanti invernali pesanti (persino le moffole, volendo) e che sul “vero” Bm 59 ha anche l’utilità accessoria (ma tutt’altro che secondaria) di consentire il tiro delle bombe da fucile, senza che il rinculo possa provocare lesioni alle dita del tiratore per urto contro la parte anteriore del ponticello. Ne consegue che manca la staffa di supporto del grilletto invernale (quella staffa che poi materialmente va a premere sul vero grilletto) e ulteriore conseguenza è che il perno del grilletto è quello di tipo corto, per intenderci come quello del Garand, anziché del tipo più lungo concepito esplicitamente per il Bm59.

L’alimentazione è sempre fornita tramite caricatori bifilari della capacità di 20 cartucce (che possono trovarsi, però, a seconda del periodo storico, anche tagliati a 10 o 5 colpi o variamente ridotti), manca però nel Bm62 originale lo zocchetto di caricamento, saldato alla parte superiore della carcassa, per consentire il rifornimento del caricatore dall’alto, a otturatore aperto, tramite lastrine usa e getta da 5 colpi. La cosa ha tutto sommato un senso, visto che il confezionamento delle cartucce in lastrine è qualcosa di tipicamente militare e l’arma è stata “fortemente voluta”, come si dice in questi casi, per la produzione civile.

Proseguendo verso la volata, si evidenziano le maggiori differenze rispetto al Bm59, con particolare riferimento al sistema di presa gas e al tromboncino tricompensatore. Per quanto riguarda la prima, il Bm62 presenta un cilindro di presa gas perfettamente liscio, privo quindi di valvola di esclusione per il lancio di bombe da fucile e della relativa alidada ripiegabile con i riferimenti per le differenti distanze. Ci guadagna in termini di pulizia delle linee ed eleganza, avendo tra l’altro le facce laterali perfettamente lucide, per contro è l’elemento che risulta maggiormente “nudo” a confronto con la sua controparte militare. In compenso, il tubo del cilindro di presa gas vero e proprio prevede le due flange per l’applicazione del bipiede, che di norma non è previsto ma in alcuni esemplari è presente, apparentemente installato di serie in quanto ci si è preoccupati di realizzare i due scassi sui lati dell’astina per i pioli sui piedini del bipiede medesimo. Ovviamente abolito anche il famigerato tricompensatore, elemento nel quale il prefisso “tri” stava a indicare la capacità di fungere contemporaneamente da compensatore di rilevamento, freno di bocca (quindi riduttore di rinculo) e tromboncino per il lancio di bombe da fucile, integrando alla propria base anche l’attacco per la baionetta. Con un fucile “borghese” ovviamente non si va all’assalto alla baionetta né si devono lanciare bombe, quindi il Bm62 è dotato di un corto manicotto (circa 37 mm) che si potrebbe interpretare come una sorta di “booster” con il compito di creare un minimo di intasamento dei gas per agevolare il funzionamento del pistone. Il manicotto è avvitato in volata e bloccato sul cilindro di presa gas con un tappo identico a quello del Bm, provvisto di sede esagonale per lo svitamento. Normalmente nel Bm59 militare per svitare il tappo si usa l’asse dell’attrezzo di pulizia M3A1, appositamente modificato, che viene conservato nel calcio; nel Bm62 non c’è, però, la possibilità di stivare alcunché nel calcio, anche perché al posto del calciolo in gomma militare di colore nero con sportello basculante c’è un classicissimo calciolo da caccia ventilato, in gomma di colore rosso arancio, con il logo Beretta. Passando alle altre differenze a carico della calciatura, si evidenzia come ovviamente manchi lo scasso sul lato destro per la testa anteriore della leva di comando della raffica (il foro vuoto sarebbe stato ben brutto esteticamente), manca qualsiasi “agio” nel legno per il selettore della raffica, quindi sul lato sinistro il noce segue perfettamente a filo l’andamento della carcassa, manca anche lo scasso per il grilletto invernale, in compenso c’è anche qualcosa in più, rappresentato da due fresature sui lati dell’astina per rinsaldare la presa da parte delle dita della mano debole.

Nel Bm62 le componenti sono tendenzialmente del tutto lisce e prive di qualsivoglia scritta, con la sola eccezione del gruppo di scatto che, spesso, risulta essere preso dalla produzione militare ma nel quale la scritta “Bm59” è stata coperta tramite una greca (la stessa greca che sui Bm59 militari ottenuti mediante trasformazione dai vecchi Garand, oblitera il vecchio calibro). Diciamo “in linea di principio” e “tendenzialmente” perché, in realtà, su molti esemplari di Bm62 che ci sia capitato di osservare, non tutte le componenti sono originali civili; capita talvolta che alcuni pezzi provengano direttamente dalla produzione militare e siano, addirittura, provvisti della finitura fosfatata marziale, la qual cosa stona e non poco con la finitura lucida. In particolare capita sovente che siano “marziali” il mirino e il tappo di presa gas. In altri esemplari ci è capitato di trovare, per esempio, il grilletto delle versioni Alpini e Parà, ma dotato della finitura “giusta” nera lucida.

Gli organi di mira sono quasi identici a quelli militari, mirino a lama protetto da alette e diottra regolabile in elevazione e brandeggio. Il “quasi” è determinato dal fatto che il tamburo sinistro, quello per la compensazione in elevazione, presenta di fabbrica i riferimenti solo per le distanze di 100, 200 e 300 metri, laddove invece l’alzo militare del Bm59 presenta riferimenti fino a 800 metri (1.200 yard sul vecchio Garand). È un altro segno della “civilizzazione” e la paranoia sulla regolazione delle mire a distanze superiori a 300 metri si ritrova in molte legislazioni occidentali, sia di quegli anni sia di oggi (pensiamo alla Germania e alla Russia, per esempio).

Tendenzialmente le componenti sono, comunque, di nuova costruzione, anche se in alcuni esemplari è capitato di trovare pezzi della vecchia produzione Garand, modificati. Non si tratta, comunque, anche in tali casi di componenti prese a casaccio nei depositi militari, bensì di materiali della produzione Beretta.

Le scritte sono riportate sull’estremità posteriore della culatta e prevedono l’indicazione del produttore (Beretta Gardone V.T. Italia) e la matricola a sei cifre (le prime sono sempre zeri), mentre sul lato sinistro, sotto l’alzo, è presente l’indicazione “Mod. 62 cal. 308 W semiautomatico”, quasi a voler rimarcare anche ai ciechi e ai sordi che l’arma non è quella militare e non può sparare a raffica.

Quanti ne hanno fatti? Stranamente, non è facilissimo rispondere a questa domanda: assumendo che la matricolazione sia partita da 1, e tenendo presente che l’esemplare con il più alto numero di matricola che abbiamo trovato è situato poco sotto 1.700, si potrebbe concludere che siano appunto circa 1.700 gli esemplari prodotti. È tuttavia un fatto che nella nostra ricerca noi non si sia riusciti a trovare esemplari con matricola inferiore a 1.000 (se ne possedete uno, fatecelo sapere!), quindi in realtà la produzione potrebbe essere più bassa e non di poco, specialmente tenendo conto degli esemplari prodotti per il mercato statunitense con matricolazione negli stessi ambiti, dei quali andiamo ora a occuparci.

Usa, dove sei?

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Non poteva sfuggire all’epoca alla Beretta che il mercato statunitense fosse “il” mercato per eccellenza: le pistole Beretta vi erano distribuite già prima della guerra, ma è stato con l’arrivo dei reduci dal secondo conflitto mondiale, e relative “prede di guerra”, che le pistole gardonesi si sono fatte massicciamente conoscere e apprezzare. Beretta in quegli anni aveva già una solida reputazione e un fucile “tipo assalto”, seppur “civilizzato”, poteva avere senz’altro un riscontro di vendita interessante. Secondo quanto attualmente risulta, il primo tentativo in questo senso fu fatto alla fine degli anni Settanta, con il cosiddetto Bm69 realizzato dalla Beretta per conto della Benet arms company. L’arma è ancora, di fatto, il Bm62 che abbiamo appena descritto, le differenze più sostanziali consistono nella finitura, che è fosfatata anziché brunita lucida, nel calciolo, che è sempre ventilato ma di colore nero, e nel fatto che sul lato sinistro della carcassa, sotto l’alzo, c’è l’indicazione “Bm69 cal. 308 W semiautomatic” e sotto “made in Italy for Benet arms co Afton VA 22920” (sì, hanno messo anche il codice di  avviamento postale…). Gli appassionati statunitensi non sono del tutto concordi su quanti esemplari ne siano stati realizzati e importati, si parla tra i 120 e i 150 esemplari, con matricole comprese nel range tra 001200 e 001300 circa. Quindi, come si nota, c’è apparentemente una sovrapposizione con la produzione “lucida” per il mercato italiano.

Il riscontro ottenuto da queste armi fu eccellente e l’esigua disponibilità le rese in brevissimo tempo veri oggetti di culto. Probabilmente fu per questo motivo che Beretta realizzò un secondo lotto “da esportazione” del Bm62, questa volta commercializzato in collaborazione con l’armeria Berben di New York a partire dal 1981. L’arma in questo caso è ancora in tutto e per tutto un Bm62, quindi con manicotto di volata, presa di gas senza alidada e così via, la differenza sostanziale è ancora una volta costituita dalla finitura fosfatata, dal calciolo che in questo caso è nero ma in gomma piena (non ventilato). C’è tuttavia una differenza sostanziale, costituita dal fatto che i Bm62 Berben hanno lo zocchetto di caricamento sulla sommità della carcassa e possono, di conseguenza, essere riforniti mediante lastrine. È possibile che questa caratteristica sia stata concertata con l’importatore americano al fine di garantire una maggior fedeltà rispetto alla controparte militare, fermi restando i limiti legislativi su tromboncino e altro, oppure che si sia considerato il fatto che negli States esisteva già allora la disponibilità di munizionamento militare di surplus, confezionato appunto nelle lastrine (anche l’M14 ha lo zocchetto di caricamento, ricordiamo). Sia come sia, anche quest’arma è decisamente lussuosa, con particolare riferimento alla qualità delle lavorazioni in generale e all’essenza di noce della calciatura in particolare, in questo caso tuttavia molte componenti sono direttamente marcate Bm59 in chiaro e l’alzo è quello tipico del Bm59, con graduazioni fino a 800 metri. La matricolazione anche in questo caso si sovrappone in parte a quella dei Bm62 “lucidi”, atteso il fatto che l’esemplare con matricola più bassa nel quale ci siamo imbattuti è lo 001539, laddove invece il più alto del quale siamo riusciti ad avere notizia è 003060. L’indicazione sulla parte posteriore della culatta recita un laconico “Beretta Made in Italy”, mentre sul lato sinistro, sotto l’alzo, c’è la scritta “Mod. 62 308 W Berben Corp N.Y. N.Y”. A fronte del fatto che tutte le principali fonti consultate Oltreoceano raccontino di 2.000 esemplari prodotti per Berben, in realtà dovrebbero quindi essere circa 1.500, arma più, arma meno.

Buon ultimo, Springfield

 

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Negli stessi anni nei quali Berben commercializzava i suoi Bm62, anche un’altra azienda statunitense si stava occupando delle versioni civili del Bm59: si tratta della Springfield armory che, accanto alla produzione della propria celebre carabina M1A (versione civil dell’M14), all’inizio degli anni Ottanta assemblava e vendeva con proprio marchio molte delle principali armi lunghe in stile militare dell’epoca, inclusi i prodotti H&K. Logico quindi che anche per il Bm59 vi fosse una volontà in tal senso. In questo caso l’operazione fu condotta acquistando dalla Beretta carcasse semilavorate e componenti sfuse, e assemblando di conseguenza alcune centinaia di esemplari di Bm62. Alcuni di essi, come l’esemplare raffigurato nelle foto, hanno un calcio fisso in legno tipo fanteria, sono però noti esemplari con calciatura a stampella pieghevole e persino esemplari con calciature tipiche del contratto nigeriano (in legno ma con impugnatura a pistola separata in plastica, simile alla versione fucile mitragliatore). In questo caso all’estremità posteriore della culatta sono presenti le indicazioni “P.Beretta 7,62 mm Bm62 Gardone Vt Italia” e la matricola con partenza da 0000001 (sette cifre, quindi, non sei), sul lato sinistro, sotto l’alzo, “Springfield Armory – Geneseo Il Usa”. I receiver presentano lo zocchetto di caricamento, manca invece del tutto la predisposizione per il selettore. Il vantaggio della produzione direttamente negli Usa è che Springfield ha potuto dotare queste armi della presa di gas originale militare con alidada funzionante e del tricompensatore militare originale. Le componenti sono generalmente di tipo militare (fosfatate e con l’indicazione PB Bm59), la calciatura è in alcuni casi del tutto conforme all’originale militare mentre in altri, come nel caso dell’esemplare fotografato, è di tipo ibrido, visto che presenta lo scasso per la leva di comando della raffica ma ha anche finitura lucidata e fresature laterali di presa sull’astina.

Un bilancio complessivo
Il progetto Bm62 è stato indubbiamente accolto in modo entusiastico sul mercato, tanto in Italia quanto negli Stati Uniti. Ancor oggi gli esemplari Berben spuntano cifre discrete Oltreoceano, così come anche gli esemplari Springfield, che sono stati prodotti in quantitativo sicuramente inferiore (anche se una parte degli appassionati tende un poco a snobbarli in quanto non sono “veri” Beretta). La disponibilità sul mercato italiano dei Bm62 lucidi è piuttosto buona, è stato importato nel tempo anche qualche esemplare Berben, così come una decina di esemplari Springfield, che sono da considerarsi non solo i più rari, bensì anche i più fedeli al Bm59 atteso il fatto che sono gli unici a poter avere legalmente (in quanto non si tratta di demilitarizzati) l’alidada funzionante e il tromboncino tricompensatore non tornito. Ciò premesso sono anche gli esemplari nei quali l’assemblaggio risulta meno curato e, in particolare, l’assenza del selettore in combinazione con una calciatura di tipo militare (quindi con lo spazio per il selettore) determina che allo sparo, per effetto del rinculo, tenda a sfilarsi in avanti il perno della leva dell’hold open, il che costringe o a bloccarlo in sito con un po’ di frenafiletti oppure di prevedere un falso selettore da collocare in sede, per contrastarne la fuoriuscita. Il problema non si presenta con i Berben e con i Bm62 lucidi, che hanno calciatura dedicata perfettamente a filo.

Sono armi, comunque, a tutti gli effetti rare, che tenderanno sempre a mantenere il loro valore nel tempo, soprattutto considerando il fatto che legislativamente a tutt’oggi appartengono al novero delle armi da caccia e non sono né B9 né A6 né tantomeno A7, quindi sono detenibili e impiegabili nella caccia o nel tiro senza alcun obbligo di iscrizione a un Tsn o a un campo di tiro. Una volta passata la (legittima, sia chiaro) infatuazione per il Bm59 militare, riteniamo che anche per i Bm62 tornerà il momento magico, che davvero meritano.

L’articolo completo su Armi e Tiro di dicembre 2020.

 

 

 

 

L’articolo Beretta Bm62: l’altra metà del cielo proviene da Armi e Tiro.

Fonte: armietiro
Beretta Bm62: l’altra metà del cielo